A cura del M° Giancarlo Ziveri
GLI STRUMENTI ATTI AD OFFENDERE
La distinzione attuale fra armi proprie e improprie è contenuta nel testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1926, poi riprese nel T.U. definitivo del 1931. Esso recita:
Art. 30. (art. 29 t.u. 1926).
Agli effetti di questo testo unico, per armi si intendono:
1 – le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona;
2 – le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, ovvero i gas asfissianti o accecanti.
Art. 42. (art. 41 t.u. 1926)
Non possono essere portati, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere.
Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere.
Regolamento al TULPS (1940)
Art. 45 – Per gli effetti dell’art. 30 della legge, sono considerati armi gli strumenti da punta e taglio, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, come pugnali, stiletti e simili.
Non sono considerati armi, per gli effetti dello stesso articolo, gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all’offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili.
Art. 80. – Sono fra gli strumenti da punta e da taglio atti ad offendere, che non possono portarsi senza giustificato motivo a norma dell’art. 42 della legge: i coltelli e le forbici con lama eccedente in lunghezza i quattro centimetri; le roncole, i ronchetti, i rasoi, i punteruoli, le lesine, le scuri, i potaioli, le falci, i falcetti, gli scalpelli, i compassi, i chiodi, e, in genere, gli strumenti da punta e da taglio indicati nel secondo comma dell’articolo 45 del presente regolamento. Non sono, tuttavia, da comprendersi fra detti strumenti:
- a) i coltelli acuminati o con apice tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri di lunghezza, non superi i centimetri sei, purché il manico non ecceda in lunghezza centimetri otto e, in possesso, millimetri nove per una sola lama e millimetri tre in più per ogni lama affiancata;
- b) i coltelli e le forbici non acuminati o con apice non tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri, non superi i dieci centimetri di lunghezza.
Art. 585. CP (1930) – Circostanze aggravanti. Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583 bis e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite. Agli effetti della legge penale, per armi s’intendono:
1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona;
2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.
Erano poi assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.
Nel 1930 per armi da sparo, termine antico, già contenuto nel codice penale del 1889, si intendevano solo le armi da fuoco. Sarà solo il regolamento al TULPS del 1940 ad assimilare (del tutto illegalmente perché non era una norma di esecuzione), alle armi da sparo (cioè da fuoco) quelle ad aria compressa: forse a seguito di una sentenza della Cassazione del 1932 in cui si leggeva che una carabina Flobert in cal. 9, sebbene funzioni ad aria compressa, va fatta rientrare fra le armi da sparo. I giudici già allora si servivano dell’esperto di balistica .
Il TULPS del 1926 considerava armi solo le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona. Ciò in perfetta adesione all’art. 704 CP, il quale stabiliva che ai fini dei reati penali in materia di armi, si prendevano in considerazione solo le armi proprie ( = propriamente dette) e tutti gli strumenti atti ad offendere, sia che essi fossero o meno portabili. L’art. 585 CP invece dava la nozione di arma solo per i casi in cui l’arma viene a costituire una circostanza di un reato in altra materia.
L’art. 41 aggiungeva che non potevano essere portate mai fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, salvo il caso che fosse consentito il rilascio di una licenza, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere. Quindi, di fatto, precisava la categoria delle armi proprie in cui inseriva quelle da sparo, le armi da taglio la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (specificati dal regolamento come pugnali, stiletti e simili; non si parlava di spade e baionette perché ancora considerate da guerra!), mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere, nonché, per assimilazione, le armi ad aria compressa. L’elenco era solo indicativo e perciò lasciava la porta aperta ad introdurre nuove armi (taser, armi di arti marziali, ecc.). Creava poi, nel Regolamento, la categoria delle armi improprie in cui inseriva gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all’offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili. Esemplificava poi (art. 80 Reg.) dicendo che erano tali i coltelli e le forbici con lama eccedente in lunghezza i quattro centimetri; le roncole, i ronchetti, i rasoi, i punteruoli, le lesine, le scuri, i potaioli, le falci, i falcetti, gli scalpelli, i compassi, i chiodi, e, in genere, gli strumenti da punta e da taglio. Introduceva poi una specifica esenzione per:
- a) i coltelli acuminati o con apice tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri di lunghezza, non superi i centimetri sei, purché il manico non ecceda in lunghezza centimetri otto e, in spessore, millimetri nove per una sola lama e millimetri tre in più per ogni lama affiancata;
- b) i coltelli e le forbici non acuminati o con apice non tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri, non superi i dieci centimetri di lunghezza.
La situazione veniva cambiata dall’art. 4 della legge 110/1975 che riscriveva l’art. 42 del TULPS. Nulla veniva cambiato per le armi proprie da sparo e per le armi proprie bianche. Veniva invece ampliata la nozione di armi improprie così individuate: bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona. A questi, norme successive avrebbero aggiunto i puntatori laser di potenza e gli strumenti riproducenti armi (D.to L.vo 204/2010).
LE ARMI
CLASSIFICAZIONE DELLE ARMI
Le armi si distinguono in:
- armi proprie
- armi improprie
Le armi improprie, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, comprendono: armi da sparo, da guerra e tipo guerra, armi comuni, armi proibite e armi bianche, congegni esplodenti e aggressivi chimici.
Le armi da sparo (tra cui rientrano quelle da bersaglio da sala e quelle ad aria compressa) atte a lanciare proiettili [con riferimento alle armi ad aria compressa, la legge n.526 del 21 dicembre 1999 ha stabilito che le armi ad aria o a gas compressi, sia lunghe che corte, i cui proiettili sono dotati di un’energia cinetica misurata all’origine (vivo di volata) non superiore a 7,5 joule, sono armi con modesta capacità offensiva non assimilate alle armi comuni da sparo]. Esse sono così chiamate perché utilizzano la forza espansiva del gas prodotto dalla combustione della sostanza esplosiva, per lanciare, a distanza, attraverso una canna, proiettili destinati a produrre, su di un bersaglio, un determinato effetto (fucili, pistole, lanciarazzi). Ad esse sono talvolta equiparate le armi che usano aria o gas compressi (armi a gas) anche se la maggior parte di esse sono strumenti sportivi. Si distinguono giuridicamente in:
- armi da guerra e tipo guerra;
- armi comuni e, fra queste, armi proibite (o vietate).
Nella categoria delle armi comuni non da sparo rientra anche il tonfa.
IL TONFA
Origini e utilizzo
Alcune fonti cinesi fanno derivare questa arma da una spada ad uncino che fece la sua comparsa durante l’epoca della dinastia Qin e quella della dinastia Han. Per il dottor Yang Jwing-Ming, essa non è altro che l’evoluzione di una stampella. Per la tradizione del Kobudo, come avviene per la maggior parte delle armi che utilizza, il tonfa era in origine uno strumento agricolo: la manovella per azionare la macina del mulino, che i contadini impararono ad utilizzare per combattere dopo il decreto che proibiva il possesso di armi. Questo poteva essere facilmente estratto dalla macina e utilizzato per difendersi dai colpi, impugnandolo con la parte lunga del corpo (yoka) a protezione dell’avambraccio. I colpi erano portati con la parte corta del corpo (in affondo), con la parte terminale opposta (yoko nage) o imprimendo una rotazione all’arma con un movimento secco del polso. Il tonfa è da ritenersi un’arma a tutti gli effetti in quanto, se utilizzato senza l’adeguato addestramento e l’utilizzo di tecniche ad hoc, può infierire gravissime lesioni, quali traumi o ossa fratturate.
DISTINZIONE SECONDO LA POSSIBILITÀ DI RIPETIZIONE DELL’AZIONE DI SPARO
– Armi a colpo singolo: sparano un solo colpo per poi dover essere ricaricate manualmente colpo per colpo inserendo nell’arma una nuova cartuccia dopo ogni sparo. Rientrano in questa categoria anche i fucili a due canne giustapposte (doppiette) o sovrapposte (sovrapposti) per uso caccia o per tiro al piattello, in quanto la possibilità di sparare più colpi (in questo caso due) è dovuta alla presenza di più canne da ricaricare manualmente e non a sistemi di ripetizione.
– Armi a ripetizione manuale: sparano anch’esse un colpo alla volta, però, essendo dotate di un magazzino con più colpi e di un dispositivo meccanico che “incamera” una nuova cartuccia ad ogni azione manuale di riarmo, i colpi vengono sparati in successione più velocemente in quanto già disponibili nell’arma. Ne sono un esempio i revolver e i fucili con otturatore girevole-scorrevole (chiamati ad azione “bolt-action“, come lo erano i fucili Mauser 98 o gli italiani Modello 91) o con azione di ripetizione a leva (come i fucili Winchester) o “a pompa”.
– Armi a ripetizione semiautomatica: possono sparare un colpo solo a ogni pressione del grilletto come nel caso delle armi a ripetizione manuale, però, a differenza di queste, incamerano una nuova cartuccia prelevandola da sole dal proprio magazzino senza l’intervento del tiratore, per essere pronte a spararne un’altra alla successiva pressione sul grilletto.
– Armi a ripetizione automatica: sono in generale tutte le armi che sparano a raffica come mitragliatori, pistole mitragliatrici (compresi i fucili d’assalto moderni che possono avere anche dispositivi per selezionare modalità di fuoco con raffica controllata a pochi colpi).
DISTINZIONE SECONDO IL TIPO DI CANNA UTILIZZATA
– A canna liscia: sono tipici i fucili da caccia e da tiro al piattello, così come erano a canna liscia la quasi totalità dei fucili ad avancarica fino a circa il 1870. Normalmente i proiettili sparati da una canna liscia sono di forma sferica (pallini o pallettoni) contenuti in munizioni di plastica o cartone con fondello metallico anche se possono essere caricate con munizioni a palla singola.
– A canna rigata: sono quelle armi che sparano un proiettile cilindrico-ogivale che viene stabilizzato per ottenere maggiore precisione anche a lunghe distanze. Per fare questo, la canna ha una rigatura elicoidale interna che imprime al proiettile che avanza nell’aria un moto rotatorio che lo stabilizza (effetto giroscopico), permettendogli di procedere sempre con la punta in avanti. Ricadono in questa categoria anche i grossi cannoni.
Ci sono fondamentalmente due tipi di rigature: la classica, che consiste in solchi scavati all’interno della canna, ha andamento elicoidale e può essere destrorsa o sinistrorsa (a secondo della direzione dei solchi) e avere un numero variabile di solchi (3, 4, 5…); la seconda è la rigatura poligonale, che consiste in una canna con un’anima a sezione non perfettamente circolare ma poligonale, anch’essa con andamento elicoidale destrorso o sinistrorso. Vi sono, in alcuni casi, canne semirigate in cui per un tratto la canna è liscia e per il rimanente tratto è rigata.
SISTEMI DI ALIMENTAZIONE
L’utilizzo della cartuccia metallica e dei sistemi di chiusura nelle armi a retrocarica ha posto le basi per una successiva evoluzione: l’uso dei sistemi di alimentazione, che ha comportato la possibilità di avere più cartucce già pronte per il caricamento in canna e direttamente già presenti all’interno dell’arma, con conseguente abbassamento dei tempi di ricarica.
In effetti, l’uso di un sistema di alimentazione è la differenza base tra un’arma a colpo singolo e una a ripetizione (anche manuale).
Un sistema di alimentazione è costituito dall’unione tra un qualche tipo di “serbatoio” contenente le cartucce con il giusto sistema di chiusura/apertura (eventualmente modificato rispetto a quelli utilizzati per armi a colpo singolo, in modo da prelevare una cartuccia dal serbatoio ed incamerarla ad ogni azione manuale od automatica esercitata sull’otturatore).
Il serbatoio può assumere diverse forme e modi di funzionamento: in particolare può essere fisso e fare parte integrante dell’arma oppure può essere “staccabile” dando la possibilità di averne a disposizione diversi già riempiti di munizioni e conseguentemente di sostituire un serbatoio “vuoto” con uno “pieno”.
Il serbatoio a tamburo, detto anche “a rotazione“, in quanto le cartucce vengono presentate per il caricamento (o direttamente per l’azione di sparo) tramite un movimento circolare dell’intero serbatoio o di parte di esso (comprese le munizioni). Un esempio di serbatoio parte integrante dell’arma che presenta le cartucce direttamente per l’azione di sparo, è il tamburo del revolver le cui camere sono insieme il magazzino e la camera di scoppio della munizione.
Il serbatoio tubolare quando è costituito da un tubo nel quale le cartucce sono alloggiate una di seguito all’altra (dove quindi la parte frontale di una munizione è a contatto con la parte posteriore della cartuccia successiva). In genere è una molla a generare la spinta sulle cartucce affinché queste vengano ad essere “presentate” per l’incameramento. Tipici serbatoi tubolari sono quelli presenti sotto la canna dei fucili semiautomatici da caccia ad anima liscia o sotto la canna delle carabine a canna rigata con azionamento a leva (tipo Winchester).
Il serbatoio-magazzino: è parte integrante dell’arma e ricavato nella stessa. Raramente “staccabile” e a volte non è nemmeno accessibile dall’esterno (se non durante le operazioni di smontaggio dell’arma). È tipico di diverse carabine (anche moderne) o di fucili dotati di otturatore girevole-scorrevole. Normalmente si carica inserendo le cartucce una ad una o aiutandosi con un “caricatore a piastrina”.
– caricatore a piastrina: trattasi sostanzialmente di una guida metallica che trattiene insieme le cartucce nel numero previsto per una determinata arma. Non viene inserito nell’arma, ma funge da aiuto per poter spingere le cartucce nel serbatoio riempiendolo. L’utilità sta nell’avere insieme il numero di cartucce esatto per la ricarica e nella velocizzazione del caricamento del magazzino che viene eseguito con una unica operazione per l’insieme di cartucce inserite, anziché l’inserimento di ogni singola munizione per volta.
– caricatore a pacchetto: derivazione dei caricatori a piastrina, sono più complessi nella foggia e più avvolgenti nei confronti delle cartucce che contengono, in quanto è previsto che vengano inseriti direttamente all’interno dell’arma da ricaricare per essere espulsi una volta esploso l’ultimo colpo presente.
– magazzino-caricatore: è un magazzino chiuso che non fa parte integrante dell’arma a cui può essere agganciato esternamente (es.: fucili d’assalto moderni o fucili mitragliatori come il Bren inglese o il BAR americano della seconda guerra mondiale) o inserito internamente (come nel caso della maggioranza delle pistole semiauto in cui viene inserito dalla parte inferiore del calcio).
– caricatore a nastro: è il sistema più utilizzato per alimentare le mitragliatrici. Le cartucce sono inserite una di fianco all’altra in nastro di tela o tra maglie metalliche.
MECCANISMO DI SPARO
Il meccanismo di sparo è il complesso meccanico costituito dalle varie parti componenti la catena cinematica di scatto, tramite la quale si comanda l’inizio della azione di sparo: grilletto, leve, molle, percussore ed eventuale cane. Spesso questo meccanismo interagisce con il sistema di chiusura/apertura anche per il suo stesso funzionamento.
Il grilletto è il dispositivo primario con il quale si comanda l’azione di sparo. Premendolo si attivano le funzioni dei dispositivi direttamente collegati (leve di rinvio) che a loro volta agiscono sull’elemento terminale che scatena effettivamente l’azione di sparo: il percussore.
Il percussore può essere di diversi tipi:
Percussore fisso: quando è parte integrante dell’otturatore ed è il movimento di quest’ultimo che determina l’azione di percussione. È tipicamente il percussore presente sulle armi a chiusura labile che iniziano l’azione di sparo ad otturatore aperto (dette anche armi a massa battente). Se la massa dell’otturatore è consistente, può essere presente una piccola molla di ammortizzazione tra il percussore (che in questo caso è un pezzo a sé) e l’otturatore per evitare lo sfondamento della capsula d’innesco presente sul bossolo.
Percussore lanciato: quando è il suo movimento a determinare la percussione dell’innesco. In questi casi, il percussore è trattenuto all’interno dell’otturatore in quanto, pur sottoposto all’azione della sua molla, è intercettato dal sistema di scatto a riposo. Appena si preme il grilletto, le leve di rinvio del sistema di scatto liberano il percussore, il quale verrà spinto in avanti dalla molla e quindi percuoterà l’innesco. Un esempio esemplificativo di percussore lanciato è quello utilizzato nei fucili “bolt action” ad otturatore girevole-scorrevole.
Percussore comandato (o “guidato”): quando per effettuare la percussione deve essere a sua volta percosso da un altro elemento, che normalmente è il cane. Tipico è il caso della stragrande maggioranza delle pistole semiautomatiche. Il cane, a sua volta, può essere:
– esterno: quando sporge dall’arma permettendone l’armamento manuale agendovi direttamente. In questo caso sono visibili (anche lateralmente) i movimenti del cane sia nelle sue fasi di armamento che di abbattimento. Esempio: pistola semiauto Colt M1911, Beretta Mod. 70 o revolver come lo Smith & Wesson Mod. 19 o il Colt Python.
– interno: quando è completamente coperto dalla cassa dell’arma (come nel caso del fucile semiauto Garand M1) o dal carrello (come nella pistola Browning 1903). Esistono armi a cane interno che mantengono sporgente una piccola porzione della “cresta” per permetterne comunque l’armamento manuale (classico esempio il revolver Smith & Wesson Bodyguard).
La modalità con la quale si comanda l’azione di sparo (chiamata anche modalità di scatto) può essere:
– ad azione singola (o Single Action SA): premendo il grilletto si libera solamente e direttamente il percussore (o il cane). Prima dell’azione di sparo, quindi, il percussore deve essere preventivamente “armato” tramite un’altra azione (manuale o automatica). I revolver ad avancarica Colt Army 1860 e i revolver a retrocarica Colt 1873 sparavano solo in questa modalità: ad ogni colpo occorreva prima “armare” il cane. Anche la quasi totalità delle pistole semiautomatiche sparano in questo modo: in questo caso il cane può anche essere armato manualmente per sparare il primo colpo (se precedentemente si era provveduto ad abbatterlo dopo la fase di incameramento) e comunque lo è (così come lo è il percussore lanciato nel caso di semiautomatiche prive di cane) dall’arretramento del carrello-otturatore (sia per i colpi successivi al primo, sia durante l’operazione di incameramento della prima cartuccia).
– A doppia azione (o Double Action DA): premendo il grilletto, il cane (o il percussore) si arma e poi si libera; la “corsa” del grilletto è più lunga e richiede maggiore sforzo ma garantisce maggiormente contro spari accidentali dovuti a contrazioni involontarie del dito sul grilletto per cause emotive e di stress. La maggior parte dei revolver moderni adotta la doppia azione per le azioni di ripetizione veloce dei colpi. Esistono modelli di moderne pistole semiauto che sparano solamente in doppia azione.
– Ad azione mista SA/DA: le armi moderne (soprattutto quelle corte come pistole semiauto e revolver) adottano sia la modalità in azione singola che doppia. Nelle pistole semiautomatiche, questo permette di tenere l’arma carica con il colpo in canna ed il cane disarmato e di sparare il primo colpo in doppia azione (i successivi saranno sparati in azione singola), con maggiori vantaggi nella sicurezza di maneggio e sulla rapidità di inizio dell’azione di fuoco. La possibilità di doppia azione permette anche di ripetere l’azione di scatto nel caso in cui una cartuccia faccia “cilecca”.
Secondo le modalità di funzionamento del meccanismo di sparo e secondo l’iterazione con il gruppo di chiusura/apertura, si determinano le caratteristiche per l’eventuale utilizzazione in armi automatiche e semiautomatiche.
Armi automatiche
Il termine può essere usato impropriamente in riferimento alle armi semi-automatiche, le quali esplodono un proiettile per ogni pressione del grilletto. Tecnicamente, è corretto utilizzarlo per le armi full-auto (“completamente automatiche”), che continuano a caricare ed esplodere munizioni fino a che persiste la pressione sul grilletto. In genere, è possibile discernere dal contesto quale modalità si intende: spesso per “pistola automatica” o “fucile da caccia automatico” (a canna liscia) si intende in realtà un meccanismo semi-automatico.
Armi semiautomatiche
Le armi semiautomatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche: ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare solamente un colpo ad ogni pressione del grilletto.
Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a differenza delle armi a ripetizione manuale che necessitano ad ogni colpo anche dell’azione manuale di ricaricamento di una nuova cartuccia.
Le armi automatiche e semiautomatiche possono essere caratterizzate da una preventiva azione di caricamento iniziale e manuale oltre, ovviamente, al normale inserimento del caricatore: per poter rendere l’arma offensiva (pronta al fuoco) si dovrà scarrellare, cioè arretrare manualmente il carrello- otturatore per permettere alla prima cartuccia di entrare nella canna e di armare il percussore (nelle armi che iniziano l’azione di sparo ad otturatore chiuso) o per predisporre la “massa battente” ad eseguire la sua funzione qualora venisse premuto il grilletto (nelle armi che iniziano il ciclo di fuoco ad otturatore aperto) .
Munizioni
Le munizioni sono le cartucce a palla, intera o spezzata, o a salve, destinate a caricare armi da fuoco.
Una cartuccia é costituita da quattro elementi: il bossolo, l’innesco, la carica di lancio e la palla (termine tecnico che risale dalla sua primordiale forma).
Il bossolo
Il bossolo si può definire l’elemento più importante della cartuccia, infatti svolge una doppia funzione:
1) mantiene assemblate le varie parti che la compongono; innesco,polvere e palla;
2) funge da “collegamento” tra tutti questi elementi e l’arma che dovrà spararla, determinando la chiusura ermetica della camera di cartuccia e la culatta.
L’Innesco
L’innesco è costituito da una piccola quantità di esplosivo detonante, contenuta all’interno di una coppetta di metallo o supportato dal bossolo stesso, che ha lo scopo di determinare l’accensione della carica di lancio a seguito dell’urto del percussore.
Negli inneschi moderni vengono usate delle miscele basate sullo stifnato di piombo, sensibilizzato con Tetrazene, oppure all’Azoditrato di piombo. Vengono inoltre usati anche “Sali di Bario”.
La carica di lancio
Nelle cartucce moderne la carica di lancio è composta da una determinata quantità di esplosivo deflagrante che bruciando, per effetto della detonazione dell’innesco e l’immediata trasmissione del dardo di fiamma attraverso il foro di vampa, sviluppa dei gas ad alta temperatura e pressione che forniscono una spinta accelerativa alla palla, che viene spinta attraverso l’anima di canna e poi fuori di essa, sino al bersaglio.
La palla
La palla, comunemente definita anche proiettile, è l’elemento destinato a portare l’offesa sul bersaglio.
SICUREZZA NEL MANEGGIO DELLE ARMI DA FUOCO
La prima e fondamentale tecnica che occorre imparare prima di approcciarsi alle armi è la sicurezza! Le sue norme vanno sempre rispettate!
Le armi da fuoco non sparano mai da sole e gli incidenti accadono solo a causa di negligenza nel seguire queste norme.
Dobbiamo tener presente che le sicure sono di 3 tipi:
Sicura meccanica, che altro non è che la leva di sicura ordinaria che troviamo su alcune armi (alcune armi ne sono sprovviste) o i sistemi di sicurezza che si trovano all’interno dell’arma stessa;
Sicura fisica, che è la buona abitudine di tenere il dito indice fuori dal ponticello (la guardia del grilletto);
Sicura mentale, la più importante delle tre, quella che ci permette di mettere in atto, in modo razionale e intelligente, la Sicura fisica e la sicura meccanica.
Qualche anno fa, un signore di nome John Dean “Jeff” Cooper (ex Colonnello del US Marine Corps e Padre Fondatore del Tiro Operativo Moderno) formulò le 4 Regole di Sicurezza Universali e Fondamentali per il corretto maneggio delle armi da fuoco, sia per l’utilizzo delle armi corte (pistole o revolver) sia per l’utilizzo delle armi lunghe (pistole mitragliatrici, fucili, carabine). Queste regole dette e ribadite più volte da tutti gli istruttori che si rispettano, al punto da risultare scontate ed essere violate o parzialmente osservate.
1. Maneggia un’arma come se fosse sempre carica.
Anche se abbiamo provveduto personalmente allo scarico dell’arma, bisogna maneggiarla come se fosse pronta a sparare. Questa forma mentis deve essere radicata in tutte le persone che, a qualsiasi titolo, maneggiano qualsiasi tipo d’arma da fuoco.
2. Non dirigere mail il vivo di volata (parte terminale della canna) verso qualcosa che non si ha intenzione di colpire.
Quando teniamo un’arma in mano, è imperativo sapere dove è rivolta la sua canna e, in base alle situazioni che si verificano, dirigere la canna stessa in una zona sicura. Per zona sicura intendiamo un luogo dove, in caso di partenza accidentale di un colpo, non si arrecherà alcun danno. L’arma va puntata solo se si ha intenzione di colpire o intimare in caso di imminente e reale pericolo. Indicare o gesticolare con il vivo di volata è assolutamente un comportamento da sprovveduti.
3. Tenere il dito indice fuori dal ponticello fino a quando non si è deciso di fare fuoco.
Manipolare un’arma avendo il dito sul grilletto significa mettere in condizione di estremo pericolo se stessi e/o la gente che ci circonda anche ad una certa distanza (i proiettili viaggiano e fanno male anche a parecchie centinaia di metri). Una caduta, una contrazione involontaria o un banale spavento, può causare il famosissimo “colpo accidentale” o “colpo dell’idiota”. Una leggerezza del genere può causare un incidente, molto spesso, irrimediabile. È buona norma entrare nell’ordine di idea che quando si sta per toccare un’arma si pensi subito al dito indice che deve rimanere fuori dal ponticello, sempre.
4. Prima di fare fuoco, sii certo del tuo bersaglio e di quello che c’è dietro ed in prossimità di esso.
Sparare a casaccio, senza aver identificato il proprio bersaglio, è sicuramente un’azione imprudente e molto pericolosa. Sparando più o meno in direzione del bersaglio, qualche proiettile potrebbe colpire persone innocenti nelle vicinanze del bersaglio stesso. Non dobbiamo trascurare che se spariamo su un bersaglio, attingendolo in modo corretto, ci potrebbe essere una sovrapenetrazione del bersaglio da parte del proiettile e creare gravi danni a chi si trovasse dietro il bersaglio in questione. Per cui la cosa più responsabile da fare è proprio quella di assicurarsi di aver esattamente identificato il bersaglio e valutare se in prossimità o dietro di esso ci sono persone o cose estranee.
Alle sopra citate Regole Fondamentali, vanno aggiunte delle Regole Complementari o Specifiche che vanno ad ampliare il livello di sicurezza nel maneggio delle armi.
1. Conosci il funzionamento dell’arma che stai utilizzando
La prima cosa da fare, quando si deve utilizzare un’arma, è quella di conoscere il suo corretto funzionamento, i suoi sistemi di sicurezza e come caricare e scaricare l’arma, che si deve adoperare in totale sicurezza. Per sapere come fare è semplicissimo, si leggono le istruzioni che troveremo sul suo libretto d’uso e manutenzione rilasciato dal costruttore dell’arma. In mancanza del libretto si chiede la cortesia ad un esperto (realmente esperto) d’armi. È importante sapere che alcune armi hanno dei procedimenti diversi per la messa in sicurezza e quindi andare per tentativi può essere molto pericoloso.
2. Conoscere le munizioni che si stanno utilizzando
Un altro elemento da tenere in considerazione, quando dobbiamo sparare con un’arma da fuoco, sono
le munizioni che utilizzeremo. Le cartucce devono essere idonee all’arma che si sta utilizzando, non devono presentare ammaccature o usura causate per esempio dal tempo e soprattutto non devono essere di dubbia provenienza.
3. Verificare sempre il perfetto stato dell’arma.
Prima di utilizzare un’arma da fuoco bisogna accertarsi del suo perfetto stato operativo. Sporcizia, ruggine, usura o parti mancanti sono la causa di malfunzionamenti, a volte molto rischiosi. A proposito della manutenzione di un’arma, essa va pulita, lubrificata e controllata periodicamente specialmente quando non viene utilizza per molto tempo.
4. Non maneggiare mai armi quando si è fatto uso di alcool, medicinali o droghe.
Questa regola si spiega da sola: droga e alcool non si sposano molto bene con le armi da fuoco (per quanto mi riguarda non si sposano bene con nulla). Alcuni medicinali invece possono provocare incapacità di concentrazione o euforia per cui è impensabile credere di utilizzare armi da fuoco se non si è in perfetto stato psicofisico.
5. Non sparare mai su specchi d’acqua, rocce o superfici dure.
Sparare con una certa angolazione su specchi d’acqua, rocce o comunque su superfici dure, può causare la deviazione del proiettile in maniera imprevedibile, con pericoli non calcolabili e a volte sorprendenti.
6. Rispettare le leggi e le regole.
È responsabilità giuridica, del possessore di armi, rispettare scrupolosamente le leggi che disciplinano la detenzione, il trasporto e l’utilizzo delle armi stesse. È suo dovere informarsi periodicamente, presso gli uffici competenti delle Forze dell’Ordine, delle eventuali variazioni delle sopra citate leggi. È altrettanta sua responsabilità rispettare i regolamenti delle aree dove utilizzerà le armi da lui detenute o adottate. Vorrei inoltre evidenziare che è responsabilità giuridica e morale del possessore di armi da fuoco la scrupolosa custodia delle armi da fuoco, assicurandosi personalmente che non finiscano facilmente nelle mani di incapaci, inesperti, tossicodipendenti e minori.
1. Proteggi occhi e orecchie
Quando si decide di fare una sessione di tiro, per attività ludica o per addestramento, è obbligatorio proteggere gli occhi con degli occhiali specifici, per evitare che bossoli di rimbalzo o proiezione di piccole schegge possano danneggiare l’apparato visivo. È altrettanto salutare e obbligatorio utilizzare delle protezioni per le orecchie, come tappi o cuffie auricolari, per non causare lacerazioni al timpano. Se nelle immediate vicinanze ci sono degli spettatori, bisogna fare indossare obbligatoriamente gli stessi dispositivi di protezione. È consigliato utilizzare anche un cappellino con visiera, tipo quelli da baseball, per evitare che i bossoli si infilino tra occhio ed occhiali.
Le armi bianche, così chiamate un tempo, probabilmente per la lucentezza del metallo con cui venivano costruite (riferendosi alle spade, sciabole o pugnali), hanno come destinazione naturale l’offesa alla persona. Sono armi bianche quelle da punta e taglio (le spade, i pugnali, le baionette), e gli strumenti non da punta e taglio la cui destinazione naturale è sempre l’offesa alla persona (i tirapugni, i bastoni animati, le mazze ferrate, i manganelli, gli storditori elettrici, le bombolette lacrimogene non approvate dal Ministero dell’Interno.
Non sono considerate armi bianche le bombolette contenenti olio di peperoncino liberalizzate a seguito dell’esame da parte della Commissione Consultiva Armi (Circ. Min. Interno, 9 gennaio 1998 n.559/C – 50.005 – A – 77 e succ.), se contengono non più di 20 ml (20 gr.) di liquido, altrimenti sono armi proprie.
I congegni esplodenti, dirompenti o incendiari, che realizzano la loro efficacia lesiva a mezzo dello scoppio di un esplosivo, della proiezione di schegge o della diffusione di sostanze incendiarie (le relative sostanze debbono trovarsi in appositi involucri che servono a determinare l’esplosione o a renderla micidiale);
Gli aggressivi chimici e cioè quegli strumenti che diffondono sostanze chimiche nocive (es.: gas lacrimogeni, asfissianti, ecc.).
All’interno delle armi proprie si devono distinguere quelle il cui porto è vietato in modo assoluto e quelle per cui il porto è vietato in modo relativo, essendo concedibile licenza di porto (cfr. art. 699 c.p.).
ARMI IMPROPRIE (art.4 della legge n.110/1975)
Sono oggetti e strumenti aventi una destinazione naturale primaria diversa dall’offesa alla persona, che non possono essere portati fuori dalla propria abitazione senza giustificato motivo.
L’espressione “arma impropria”, in realtà, è stata creata dalla dottrina per indicare tutti quegli oggetti o strumenti che, come indicato in precedenza, pur avendo una particolare idoneità all’offesa, hanno una destinazione naturale diversa, così distinguendosi dalle armi proprie.
In effetti, non sono armi ma strumenti che non possono essere portati fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, senza giustificato motivo (bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere – i coltelli di qualsiasi genere e dimensioni -, mazze, tubi, punteruoli, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, archi, balestre, fucili da pesca subacquea, accette, forbici, punteruoli, ecc.), nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona.
In definitiva, gli strumenti sopra descritti sono liberamente acquistabili e trasportabili; possono essere portati solo per giustificato motivo, cioè per essere usati per la loro destinazione primaria.
Non sono armi: le spade, le katane, le sciabole non particolarmente affilate o appuntite, da considerare o strumenti sportivi o da arredamento o da uso scenico, o completamento di divisa. Esse quindi vengono liberamente importate e vendute e non vanno denunciate. Tuttavia, ogni tanto qualche appartenente alle Forze di Polizia, ignorando quanto indicato sopra, sequestra e denuncia a sproposito, dimenticandosi che i negozi sportivi sono pieni di questi oggetti e che è lo stesso Stato a dare agli allievi ufficiali la spada come oggetto da parata.
Non sono né armi né strumenti, ma oggetti qualsiasi: le pistole e i fucili da salve, i giocattoli a forma di arma, le riproduzioni inerti di armi, le armi disattivate nelle parti essenziali, i giocattoli soft-air. Questi oggetti sono liberi del tutto; se confondibili con armi vere, devono essere messi in commercio con un tappo o cerchio rosso al vivo di volata della canna.
IL COLTELLO
Terminologia e classificazione
Il coltello è un utensile creato dall’uomo per tagliare materiali non troppo duri mediante una lama fissata ad un manico. Si distingue in ciò da quelle armi bianche studiate per penetrare nel corpo umano, come il pugnale.
Un coltello è composto da due parti fondamentali: il manico (o impugnatura) e la lama.
La lama è generalmente una striscia di acciaio piatta, con facce parallele, che su di un lato viene affilata, in modo da creare il cosiddetto tagliente che può essere liscio oppure a sega, ondulato, seghettato, ecc..
I pugnali si differenziano dai coltelli per avere due taglienti e due fili e una punta a lancia, vale a dire simmetrica su entrambi i lati.
Esistono coltelli a lama fissa e coltelli a lama pieghevole o a serramanico o da tasca.
I coltelli a lama fissa sono quelli in cui la lama è rigidamente fissata in modo permanente all’impugnatura. Rientrano in questa categoria i coltelli da cucina, i coltelli da tavola, i coltelli da sopravvivenza (survival, anche noti come tipo Rambo), i coltelli da caccia e da pesca, ecc..
I coltelli a lama pieghevole sono quelli in cui la lama è mobile e incernierata nell’impugnatura entro cui può essere serrata (da ciò il nome a serramanico). La maggior parte di essi sono muniti di un bloccaggio di sicurezza (dente o lamina di arresto, ghiera girevole), che blocca la lama una volta aperta per evitare che essa si pieghi durante l’uso e tranci le dita dell’utilizzatore.
I coltelli da tasca di modeste dimensioni vengono chiamati temperini.
Molti coltelli da tasca sono muniti di lame di diversa lunghezza o di vari accessori (lima, seghetto, cacciavite, punteruolo, ecc.).
Nella categoria dei coltelli pieghevoli si distinguono:
- coltelli allungabili;
- coltelli balisong;
- coltelli con apertura a scatto;
- coltelli a lama scorrevole o a gravità;
I coltelli allungabili sono dei coltelli pieghevoli alquanto rari in cui la lama è più lunga del manico.
I coltelli balisong (o a farfalla) sono coltelli tipici delle Filippine in cui il manico è diviso per il lungo in due metà entro cui si trova la lama come in un astuccio, incernierata al tallone con esse.
I coltelli ad apertura a scatto sono coltelli in cui la lama, incernierata sul manico, viene aperta automaticamente, con la pressione di un bottone di scatto, ad opera di una molla. Di regola, un meccanismo blocca poi la lama in posizione di apertura.
I coltelli a lama scorrevole sono coltelli in cui la lama non è incernierata o fissata sul manico, ma scorre all’interno di esso e ne esce per forza di gravità o centrifuga o perché proiettata in avanti da una molla, fino ad essere bloccata in posizione di apertura. Sono poco frequenti e più usati come arma che come strumenti, in quanto la lama manca della necessaria stabilità per lavori manuali.